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Dopo diverse settimane Zzi rompe il silenzio: “Se ce la fai…”.
Ecco pesare su di me la mia inettitudine. Riuscirò a chiedere alla Fra di venire a cena? Insomma, una cosa è stare in classe insieme, una cosa è invitarla. È come chiedere di uscire al compagno che ti piace. Io non ci sono mai riuscita, neanche da grande all’università. Ho sempre sperato intensamente che me lo chiedesse lui [a proposito: non funziona; lo dico per l’under 21, cambiate tattica!].
Inizio a vagliare le varie possibilità:
Strategia della falange romana: la avvicino ai lati di soppiatto e sferro l’attacco quando non posso fallire.
Mi informo su cosa fanno nei prossimi giorni, e quando ha finito le scuse, la invito. Provo a immaginare la scena:
“Che fate sabato?” “Andiamo al cinema”; “Ah, e che fate domenica?” “Andiamo in gita”; “Ah, e che fate lunedì?” “Laviamo i lampadari”; “Ah, e che fate martedì?” “Spolveriamo la collezione di sabbia” “Mi stai evitando?” “No, cosa te lo fa pensare?”.
Okay, vediamone un’altra.
Strategia dell’offerta telefonica [o del consenso non informato]: la porto in qualche modo a pronunciare la parla “Sì” e poi le dico che la domanda era “Venite a cena sabato”. Se rifiuta, adduco come prova la registrazione della sua risposta, cui ho aggiunto la domanda a posteriori.
Magari non è il presupposto migliore su cui fondare un’amicizia.
Strategia di Epaminonda alle Termopili: la chiudo in una gola di roccia e la invito quando non può scappare, sotto minaccia armata.
Se fa resistenza, prendo in ostaggio il libro e minaccio di fargli le orecchie.
Okay, no, troppo violenta.
Strategia dei vercellesi nella non mi ricordo quale guerra di indipendenza: le allago la casa come una risaia e la invito quando non ha altro posto dove andare.
Un po’ poco ecologica, e poi non so dove abita.
Strategia dell’attacco a sorpresa: aspetto che sia sovrapensiero per ottenere un sì distratto, che è pur sempre un sì.
“Guarda là!” – “Dove?” – “Là!” – “Cosa?” – “Là!” – “Ma cosa?” – “Venite a cena da noi sabato?” – “Coooosa? Scordatelo!”
Passano così un paio di settimane, finché un mercoledì qualsiasi, metre sono lì che ravano nel cappotto appeso al fondo della classe, la Fra mi arriva tutta sorridente [adesso lo so, vado a lezione con gli occhiali da sole] alle spalle.
Non mi ricordo con cosa esordisce, io non ascolto mai la gente quando mi parla, insomma fa tutto un discorso strano, preso alla lontana, che io – molto carinamente – interrompo perché è uno di quei momenti in cui mi viene l’ispirazione e non è che me lo posso far scappare così. Prendo fiato, chiudo gli occhi, stringo i pugni e le dico: “Nonèchetueiltuomorosovoletevenireacenadanoisabato?”.
Silenzio.
Okay, adesso mi fa ingoiare il cappotto, aspetta che io cominci a digerirlo e me lo strappa fuori attraverso l’esofago con tutte le budella attaccate.
Cazzo, ha smesso di ridere, c’è poco da scherzare.
Tu-tum. Ecco che rumore ha l’ultimo battito del mio cuore.
“Sì”.
[Come sarebbe a dire “sì”? Era tanto semplice? E perché quella faccia, allora?]
“Sì, ma uffi, vi stavo invitando io!”
FINE
Ma le gesta della Giraffa non sono finite.
Potete vedere le sue opere e quelle delle sue amiche di crocette sul blog della Wonder Stitchers [link a lato] e seguire i suoi interventi [speriamo d’ora in poi un po’ meno lacrimevoli!] su queste pagine.
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La sai una cosa Larry? Tu scrivi veramente, ma veramente molto bene.
Raccontare un semplice incontro con questa ariosità e fantasia è cosa rara. Dovresti pensare a scrivere un libro.
Io lo comprerei, il tuo stile mi piace.
ciao ciao
Massimo