Terza cena regionale: la Liguria. Primo: Trofiette con il pesto (3.2)

Come i più attenti avranno notato ieri, il piatto servito ai nostri ospiti Cri e MarCo erano le trofiette con il pesto.
Abbiamo parlato del pesto, ma non delle trofiette.

 

Le trofie

 

Le trofie sono un tipo di pasta bianca originaria di Sori, un altro comune costiero della provincia di Genova, molto vicino a quello di Recco.

Si fanno impastando acqua e farina e, forse, un po’ di vino bianco per dare elasticità e un pizzico di sale.
Checché ne dica Giovanni Rana, non vengono impastate con le patate!

Hanno una forma particolare e difficilissima da conferire.
Leggenda narra che la cognata di mio nonno le sapesse fare, e le ottenesse schiacciando e strofinando sulla madia, con la mano messa di taglio, un pezzetto di pasta.
Sia come sia, già sono bastarde da cuocere quando si tratta solo di buttarle in acqua bollente, figuriamoci prepararle!

L’ottimo pastificio Danielli di via Galata produce anche buonissime trofiette, e, soprattutto, su richiesta le confeziona in un imballo a prova di bomba, che giunge sano e salvo nelle terre irredente.

Ecco, dunque, rivelati tutti gli ingredienti necessari per un eccellente piatto di trofiette con il pesto: le trofiette e il pesto.
Se volete ottenere maggiore viscosità e avvolgere meglio la pasta nella smeraldina salsa, potete aggiungere l’ingrediente segreto, che è… l’acqua di cottura.
Prima di scolare le trofie, stemperate il pesto con un cucchiaio di acqua di cottura (non di più, altrimenti fate trofie in brodo): la maggiore liquidità evita che, a contatto con la pasta calda, il formaggio del pesto leghi il tutto e renda la distribuzione del condimento meno omogenea.
Mescolando bene, l’umidità in eccesso evapora, per cui non dovete temere l’acquetta nel piatto. Garantito.

 

Perché odio la pasta al pesto con patate e fagiolini

Avrete notato che la ricetta delle trofiette con il pesto non prevede l’aggiunta di fagiolini, né di patate.
Come mai? – diranno subito i miei piccoli lettori.
Semplice: né i fagiolini né le patate sono un ingrediente della pasta al pesto, come anche la nomenclatura ci aiuta a capire.
Si possono – e ammetto che sia tragicamente frequente che accada – aggiungere fagiolini e patate bolliti nel piatto di pasta al pesto, ma non c’è niente di più “autentico” in questa variante. È una scelta, niente di più.

È come aggiungere le olive sulla pizza margherita: si può fare, per alcuni (me, ad esempio, in questo caso) è un’ottima idea, si ottiene comunque una pietanza appetitosa e tradizionalmente accettata, ma quella nel piatto non è più una pizza margherita. È una margherita-aggiunta-olive. Se ordinate “una margherita” dovreste aspettarvi che arrivi senza olive, anche se ci sono posti dove le aggiungono a prescindere.
I posti dove vi infilano patate e fagiolini nella vostra bella pasta al pesto, ammetto, sono un po’ di più.

Poiché il pesto è costoso, suppongo che la tradizione derivi dall’antica necessità di rendere il piatto più sostanzioso, senza aggiungere altra pasta, che avrebbe richiesto più pesto. Inoltre, sia le patate che i fagiolini, conditi con il pesto, diventano molto appetitosi, quindi l’insieme non è sgradevole.
È una pratica che detesto, perché gli ortaggi si portano via il gusto del pesto, inoltre il fagiolino bollito è umido e, mangiato con la pasta, sciacqua troppo la bocca.
Tanto odio deriva anche dal fatto che mi stanno sul culo i ristoratori che fregano i turisti con “il piatto tradizionale”, rifilando loro una xiatta di verdura bollita al prezzo di una porzione di trofie al pesto, in cui le trofie sono sì e no dodici e il pesto mezzo cucchiaino da caffè. È un rancore che serbo da quando lavoravo in ristorante, e il nostro generoso piatto di trofiette al pesto conteneva, per sette euro, solo trofiette e pesto con basilico DOP, mentre molte trattorie del circondario chiedevano gli stessi soldi per la versione povera, che un marketing più sapiente del nostro rendeva, agli occhi dei turisti, più desiderabile.
Col senno di poi, dato che ora io lavoro in edicola, mentre quelli continuano a servire fagiolini e patate giustificati da una trofia sporca di pesto a frotte di avventori, avevano ragione loro; è che a noi è sempre mancata la cultura dell’inculo – pardon, del “fare” – , infatti siamo fallite. Fulgidi esempi di rettitudine e coerenza, ma fallite.

Si badi, però, che sono a favore del pesto abbinato alle verdure.
Il minestrone alla genovese – che, oltretutto, abbonda di fagiolini e patate, che evidentemente sono un prodotto diffuso in zona – è caratterizzato proprio dall’aggiunta di qualche cucchiaio di pesto, che conferisce, grazie ai suoi ingredienti ricchi e gustosi, al minestrone sostanza e sapore corposo.
È la variante di zuppa di verdure che preferisco, quando me la lasciano assaggiare.

3 thoughts on “Terza cena regionale: la Liguria. Primo: Trofiette con il pesto (3.2)

  1. Pingback: Zena Zuena, via Cesarea, Genova: recensione | LARRYCETTE

  2. Enzo

    Condivido l’ avversione all’ insensato (se non, appunto, per illecito lucro) uso delle patate e fagiolini nelle trofiette. Qualcuno, addirittura, si è inventato la favoletta del “pesto avvantaggiato” per giustificarne l’ inserimento. Però, però, le patate nell’ acqua in cui cuocevano le trenette fanno parte di una antica (e giustificata) usanza. Quando il pesto si faceva nel mortaio (o con la mezzaluna) nell’ era prefrigorifero, si usava, per conservarlo ricoprirlo di olio. Quando si condivano le trenette, queste erano molto unte e scivolose. Unendo le patate a fette all’ acqua di cottura, queste rilasciavano il loro amido che, aderendo alla pasta, faceva sì che l’ untuosità ne venisse, per così dire, molto limitata. Con il pesto attuale, fatto al frullatore e dalla consistenza cremosa, l’ inconveniente non si manifesta, quindi l’ utilità delle patate viene meno.
    Complimenti
    Enzo

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