#VEnotte14, 25 gennaio 2014 | cap. 3, la tonsura

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“Non è ancora finita la preparazione alla gara di orienteering notturna a Venezia?” – mugugneranno subito i miei Piccoli Lettori – “No, perché, sai com’è, la gara era a fine gennaio, a momenti siamo a marzo…”
Grazie al cielo non ho molto ori-materiale da pubblicare (di quello che ho mi vergogno) e posso permettermi di centellinare il racconto.

Dopo avere ritrovato la mia bussola – a proposito: nel frattempo l’ho persa di nuovo, è chiaro che è lei che scappa – ed essermi massacrata sulla cyclette con quasi cinque minuti di pedalata loffia al giorno, sono andata dal parrucchiere.
Non che l’acconciatura c’entri molto con la performance atletica, a meno che, naturalmente, uno non si rapi la testa a zero per essere più aerodinamico, ma non era questo il mio caso, almeno, non nelle mie intenzioni; ma si sa che noi ragazzine lustrini e pailettes ci teniamo molto a presentarci bene agli eventi di grido.

A metà ottobre, in occasione del mio compleanno, CP e la mamma mi avevano regalato un buono per una seduta dal mio eco-iffeur di fiducia. Quando lo raccontai a mia madre [nota per i nuovi lettori: “la mamma” non è mia madre, non vi confondete], disse “Non voglio neanche sapere con che testa vai in giro, se sono stati costretti a regalarti un buono per farti dare una sistemata”. Mi feci un esame di coscienza e stabilii che il mio tempo valeva più della mia capigliatura, così decisi di soprassedere.
Poi, il tempo arrivò, ma non la voglia di andare dal parrucchiere.



[Dio, se vuoi darmi un segno della tua esistenza, va benissimo se mi fai svegliare domani mattina così; magari analfabeta, ma così]

 

None but the brave

Dovete sapere, che io òòòdio andare dal parrucchiere.

Il parrucchiere – qualunque parrucchiere, anche il mio bravo, simpatico, gentile, aggiornato, pazientissimo eco-iffeur di via Ghega, che io, come tutte le donne, naturalmente “adooorooo” – è un uomo malvagio che vuole fare del male ai miei capelli e portarmeli via.
È un bugiardo, che dice “spuntatina” e pensa “deforestazione selvaggia”.
È un infingardo, che parla di “sistemare un po’ il taglio” e mi manda fuori liscia come una palla da bowling.


[Io subito dopo essere uscita dal parrucchiere]

Ci vado, dunque, malvolentieri, ma ogni tanto perfino io ci vado. Solitamente, questo “ogni tanto” coincide con il compleanno di Zzi; talvolta è coinciso con il tour di Springsteen. Tanti anni fa – non poi così tanti! – mi recai dal parrucchiere addirittura a distanza di pochi mesi perché, finito il tour, mi dovevo sposare.
Così, un giorno di fine gennaio mi sono fatta coraggio, sono entrata in salone e ho preso appuntamento.

Una volta presa la drammatica decisione di andare dal parrucchiere, bisogna decidere che cosa fare una volta là.
È importante arrivare con le idee molto chiare, altrimenti l’Uomo Malvagio prende le forbici e ti pela come una patata prima che tu te ne renda conto.
Quando avevo chiesto alla mamma consiglio su che nuovo look adottare, saggiamente mi disse “Rossi e ricci come piacciono a lei!”.

A me piacciono da morire i capelli rossi e ricci, è vero, credo semplicemente a causa del fatto che li ho lisci e di uno stupido, inclassificabile color corteccia.
Mi cadono tristi e appiccicati alla faccia, tipo Professor Python, ma puliti – e comunque io non sarà mai figa come Alan Rickman.

Circa un anno fa ho fatto la permanente, perché volevo una roba alla Ralph Supermaxieroe: ho ottenuto un lievissimo mosso, durato tre settimane. In compenso, ho smesso di avere una vita perché ho trascorso tutte le ore di veglia a cercare di recuperare il pettine fagocitato in un groviglio di nodi.

A lungo ho accarezzato l’idea di andare in giro come Merida, solo che nel mio caso, per le suesposte ragioni, è un attimo che venga fuori una merda. Siccome i prodotti del mio mio eco-iffeur non sono particolarmente aggressivi (se no che eco-iffeur sarebbe?), rinuncio ai ricci, che non mi soddisferebbero, ma resto inflessibile sul colore.

 

Per fare un lavoro sporco ci vuole una rossa

Dovete sapere – parlo ai maschi, per le femmine sono ovvietà, ma porteranno un poco di pazienza – che ci sono due vie per tingersi i capelli, non necessariamente alternative: la colorazione permanente e la colorazione “deposit only”.

La colorazione permanente si chiama così non perché sia eterna, ma perché – a causa dell’ossigeno o di altri agenti decoloranti che contiene – intacca il capello e ne modifica irrimediabilmente l’aspetto. Attenzione: il colore non resterà quello che avrete scelto, perché i lavaggi laveranno via i pigmenti di colore, e nel giro di un paio di mesi il colore sarà opaco e sbiadito.
Non ve ne siete mai accorti perché, di solito, nessuna donna arriva ad avere un colore opaco e sbiadito, in quanto la crescita del capello fa sì che ci compaia un’orribile striscia di colore diverso in corrispondenza delle radici, a causa della quale ci si precipita a “ritoccare il colore”.

In ogni caso, questa è l’opzione più durevole ed è anche l’unica che si può praticare se si vogliono schiarire i capelli o per tingere quelli bianchi.
I capelli bianchi, infatti, pur essendo chiari e porosi, per ragioni che hanno dello sciamanico, non assorbono bene le colorazioni e vanno trattati con le cattive.

La colorazione “deposit only” sarebbe “le buone”, ma non dura un cazzo. E quando dico “un cazzo” intendo proprio “un cazzo”, soprattutto se si hanno capelli grossi e intatti, perché i pigmenti, senza l’azione dell’ossigeno, non penetrano nel capello, ma lo coprono e basta (donde il nome fashion).
Se si hanno capelli porosi, la colorazione terrà un po’ di più. Io, che trasformo anche le fortune in disgrazie, ho capelli spessi e forti come cavi da ormeggio: ci metti il colore e scivola via, perduto nel tempo come lacrime nella pioggia, e con esso i soldi della tinta. La cosa positiva è che i capelli tornano gradatamente del loro colore originale, e non occorre fare niente per conservare un aspetto decoroso; inoltre, di solito questa tinta è fatta di sostanze poco dannose per le persone e l’ambiente.

Ne consegue, abbastanza intuitivamente, che se hai i capelli molto chiari, puoi farti qualsiasi colore con prodotti “deposit only”; se li hai neri come la pece e li vuoi platino, te li devi schiarire con il plutonio.

Io, che sono no fleisch no fisch, mi risolvo di informarmi sugli ultimi ritrovati: se potrò ottenere l’effetto desiderato con il deposit only, bene, altrimenti cederò alle lusinghe della colorazione permanente e poi valuterò il da farsi, tanto, oramai, ho un’età tale che dovrei portare i capelli corti e se dovrà succedere, mi farò coraggio.

La mattina del 24 gennaio, dunque, con le idee chiare e le intenzioni ferme, entro dal parrucchiere per procurarmi una testa decente da sfoggiare al compleanno di Zzi.
“Li vorrei ramati e vorrei darci solo una spuntatina, è possibile?” – chiedo disposta a valutare un compromesso ragionevole.
“Certo!” – mi rassicura l’Uomo Malvagio.
“Non vorrei una colorazione permanente, prende lo stesso?”
“Sì, viene leggermente più scuro, ma comunque un bel rosso naturale”.
Caratteristica precipua dell’Uomo Malvagio è rassicurare sempre e dare ragione alla cliente su tutta la linea. E poi imbelinare qual cazzo che gli pare, ma avendo prima dato ragione piena.
Mi mostra una foto del colore per accertarci che stiamo parlando della stessa cosa. È questa.


[Lo giuro, era proprio questa]

Ribadisce che verrà “un po’ più scuro”. Capisco, e mi va bene.
Immagino una cosa del genere:

Sono pronta anche a questo:

In realtà mi accontento di una qualunque di queste:

Dopo la colorazione, i miei capelli sono più o meno come quando sono entrata, ma più scuri.

L’Uomo Malvagio mi assicura che è un effetto molto naturale – grazie al cazzo, sono praticamente come prima – e che mi sta benissimo. Questo lo vedo da sola, ma “ramato” è un’altra cosa.
Incasso la delusione conscia di essere la sola causa del mio male, per non essere entrata chiedendo direttamente il decappaggio e urlando “tra tre ore i miei capelli o il tuo culo saranno rossi come il fuoco”.

 

Hunter of invisible game

Appena uscita dal “lavateste”, mentre vedo l’Uomo Malvagio avvicinarsi nello specchio, molto prima che prenda le forbici in mano, ribadisco “una spuntatina”, sperando di portare a casa almeno un risultato su due.

L’Uomo Malvagio conferma “una spuntantina”. Propone un ciuffo di lato.
Glielo boccio: io in giro come Barbara Berlusconi non ci vado.
E poi va bene che sono in cesso, ma neanche così tanto da dovermi coprire mezza faccia, su.
Inoltre, già così divento scema a legare i capelli, che scappano sempre da tutte le parti quando vado a correre, rendendo ancora più complicata un’attività nella quale incontro le mie belle difficoltà, ci manca proprio il ciuffo davanti agli occhi mentre tento di leggere la carta, per dare un po’ di pepe alle mie gare.
No, scordiamoci il ciuffo.

L’Uomo Malvagio non si scompone, capisce le mie esigenze, mi dà ragione. E poi fa quel cazzo che gli pare:
“Che ne dici di una scalatura leggera intorno al viso, in modo che tu li possa comunque legare, per dare un po’ di forma al taglio?”
“Mmm… va bene”, acconsento con circospezione, gettando nel cesso con tre sole sillabe anni di devozione alla pragmatica del linguaggio.
In men che non si dica ho un bel ciuffo che mi pende dalla fronte sull’occhio sinistro (manco a dirlo: quello buono).

Da qua in poi, ovviamente, l’Uomo Malvagio fa quello che vuole, perché non vedo un belin di quello che fa. Sento tagliare e tagliare, ma lui mi assicura che sta solo “sfoltendo”.
A un certo punto mi giro e – senza occhiali, oltre il ciuffo – intravedo un cocker sul pavimento. Poi l’Uomo Malvagio prende la scopa e lo ramazza via, dal che capisco che erano i miei capelli.

Pelata!
Privata della mia chioma!
Novella Sansone, ho perso tutta la mia forza e tutte le mie speranze per la gara!

E come farò, ora, senza i miei capelli?
Con che coraggio mi presenterò al mondo e – soprattutto – a mio marito?
Mi accetterà?
Mi riconoscerà?
Sono un mostro orribile, deturpata da un’orrenda mutilazione.

La sera sono andata a yoga e nessuno si è accorto di niente.
Poi CP, dopo tre quarti d’ora che gli sventolavo la coda sotto il naso, si è ricordato dei miei propositi ha formulato l’ipotesi che fossi andata dal parrucchiere, corredando il tutto di complimenti a caso.

 

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